07
Agosto
2024
07 Agosto 2024
Approvato il Piano Strategico della ZES Unica attraverso l'apposita Cabina di Regia, costituita dalla presidenza del Consiglio dei Ministri. Con l’adozione del Piano strategico inizia l’anno zero della Zes Unica, che si dota di una strategia unitaria e di ampio respiro pur tenendo conto delle diversità territoriali. Un progetto che disegna una grande aria unitaria e competitiva di attrazione degli investimenti. Il Piano definisce la politica di sviluppo delle regioni del Mezzogiorno che rientrano nella ZES Unica, individuando i settori da promuovere, quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari della Zona Economica Speciale. L’iniziativa punta a sostenere non soltanto la nascita di nuove attività produttive ma anche la crescita e lo sviluppo delle esistenti. Nel documento sono state identificate nove filiere da rafforzare (agroindustria, turismo, elettronica&ICT, automotive, Made in Italy, Chimica e farmaceutica, Navale e cantieristica, Aerospazio e Ferroviario) e tre tecnologie da promuovere (le tecnologie digitali, il cleantech e il biotech). Il Piano è il risultato di un percorso di partecipazione avviato dalla Struttura di Missione ZES e che ha previsto un intenso dialogo con le amministrazioni centrali, con le Regioni, con i rappresentanti delle amministrazioni locali, Anci, Upi e il partenariato economico-sociale. In parallelo è stato costituito un gruppo tecnico di alto livello composto da esponenti designati da istituzioni e associazioni.
16
Agosto
2024
16 Agosto 2024
"La Puglia sta attraversando un momento mediatico di assoluto valore, si continui su questo percorso puntando sempre più sull’industria regionale, esaltando un ingegno straordinario che necessita di un posizionamento internazionale e di un sistema universitario sempre più al passo coi tempi, investendo senza sosta sul patrimonio umano e sulle infrastrutture strategiche, non solo per l’accoglienza dei turisti, ma anche per le merci, valorizzando la posizione al centro del Mediterraneo”. Così Sergio Ventricelli, presidente di Confimi Puglia, la Confederazione dell'Industria Manifatturiera Italiana, a due mesi dal G7 di Savelletri che ha acceso i riflettori del mondo sul nostro territorio e a un anno dalle elezioni regionali. "Negli ultimi venti anni - continua Ventricelli - sono stati fatti grandi passi in avanti, ma c’è ancora tanto da concretizzare. Gli imprenditori necessitiamo di un sistema produttivo capace di innovare e di attrarre investimenti. Occorrono interventi di rafforzamento mirati, investendo sulla capacità delle nostre piccole e medie industrie private di creare economia attorno al loro saper fare, ragionando per filiere”. Confimi, in tal senso, fa la sua parte, fornendo servizi di incubazione e garantendo la capacità di sostenere la trasformazione in business delle idee. “Lo sguardo è al futuro - continua Ventricelli -, passando dalla programmazione dei fondi strutturali che verrà. Ma bisogna accelerare sulla capacità di spesa, incentivando l’occupazione e l’inclusione sociale, rafforzando la capacità amministrativa e potenziando l’infrastrutturazione. L’obiettivo è traghettare le imprese e i territori verso il 2030 e oltre, attraverso l’aggancio a processi industriali e tecnologici contemporanei. In questo percorso tutti devono fare la loro parte, a iniziare dalla Regione, quella attuale e quella che verrà, che ha l’obbligo di continuare e migliorare il processo di sostegno alle imprese, soprattutto all’industria di casa nostra, l’unica che investe per restare qui, offrendo liquidità attraverso i tanti strumenti finanziari che possiede. E bisogna farlo attraverso strumenti elastici, modellati su diversi parametri, dalla dimensione delle aziende alla capacità delle stesse di accedere al credito. Penso, in particolare, ad alcune misure come microprestito, fondo finanziamento del rischio e fondo minibond Puglia. Occorre rendere ancora più flessibili gli strumenti e focalizzare il sostegno su investimenti che intercettano i temi dell'innovazione tecnologica. La sfida reale è una continua programmazione di carattere sartoriale, con più forme di intervento. Per farlo la politica deve confrontarsi assiduamente con confederazioni come la nostra, agili e dinamiche. I segmenti su cui investire sono noti, al centro di tutto ci dev’essere la valorizzazione del capitale umano, anche attraverso politiche attive del lavoro che possono essere finanziate con decontribuzione degli oneri sociali. Infine, l’integrazione tra imprese, università e organismi di ricerca, necessaria per creare un effetto virtuoso, così da generare un valore aggiunto e duraturo per la qualità industriale pugliese".
07
Luglio
2024
07 Luglio 2024
"Fatti i vertici dell’Unione Europea ora tocca ai programmi e alla maggioranza che dovrà sostenerli. Nell'Unione europea ci sono 25 milioni di PMI, le quali svolgono un ruolo chiave nella sua economia: infatti, costituiscono il 99 % di tutte le imprese, danno lavoro a circa 100 milioni di persone (fornendo due terzi dei posti di lavoro nel settore privato) e generano circa il 56 % del prodotto interno lordo dell'Unione. C’è un ruolo dell’Unione, per garantire a queste imprese di competere a livello globale e poi c’è il compito dell’Italia". Paolo Agnelli, presidente di Confimi, torna sulle prossime mosse della Commissione Europea per le imprese. “Innanzitutto - sottolinea l'industriale bergamasco - bisogna che si presti attenzione al fatto che i cittadini europei in occasione di queste elezioni abbiano di fatto protestato. I più non hanno votato, chi è andato alle urne ha consegnato allo scrutinio un voto appunto di protesta. E col gioco delle alleanze e degli apparentamenti si arriverà a evitare di consegnare la maggioranza alle destre. C’è scontento in Europa. L’Unione è guidata dalla finanza, si è dimenticata dell’economia reale e le scelte fatte negli ultimi anni hanno lasciato indietro proprio quelle 25 milioni di piccole e medie imprese e i loro 100 milioni di lavoratori. E l’Italia che è la peggiore di tutti in termini di debito, soffre ancora più l’assenza di un piano industriale comune. Lo diciamo da tempo come Confederazione. Siamo terribilmente in ritardo e come UE abbiamo lasciato entrare ed uscire materie prime strategiche. Ci siamo dati delle regole e dei tempi di transizione, che i nostri competitor mondiali non sono tenuti a rispettare, ma al tempo stesso abbiamo lasciato a Cina e India la possibilità di fare shopping per non dire razzia di silicio, litio, e tutti quei materiali tattici. Non paghi, abbiamo venduto all’India 1850 mila tonnellate di rottami di alluminio, il metallo più sostenibile sul pianeta e necessario per attuare il decantato Green Deal. Ci sono evidenti storture da aggiustare e bisogna farlo prima che l’industria italiana ed europea arrivino ad un punto di non ritorno. Bisogna trasferirgli al prossimo commissario italiano il verbo della competitività. Non è chiaro, infatti, che le pmi per poter sostenere la bilancia economica e sociale devono poter crescere e per farlo devono poter operare in un mercato comune ad armi pari con i propri competitor. Oggi invece anche all’interno dell’Europa dei 27 ciascuno ha regole di partenza differenti: dai costi dell’energia a quelli delle paghe, dai vincoli ambientali ai diritti dei lavoratori. Il dumping lo abbiamo in casa e nessuno vuole occuparsene”.